giovedì 30 giugno 2011

Lo strano caso della Ctenanthe oppenheimiana

Per quanto superlativamente rara, con la storia dei centocinquant’anni ve la siete trovata tra i pollici. Non va sottovalutata, questa Ctenanthe oppenheimiana: ora la sua versione ‘tricolor’ mira a fare di voi un martire e non viceversa. Vellutata come una Campbell, accattivante nelle sfumature color crema, la piantaccia in questione è l’incubo del piu’ coriaceo tra i coltivatori. Instabile, suscettibile, ambigua, umanizzando la direi perennemente in bilico tra l’urlo e la risata. Se già la gestione ordinaria è ostica e non si riesce a farla crescere oltre i cinquanta centimetri quando all’origine supererebbe agilmente il metro, la Ctenanthe ha un irrisolto lato oscuro e va di magia spicciola.

Ignari ed estatici davanti ai ricercati e misteriosi disegni delle sue foglie, ne avete favoleggiato con un conoscente noto per vanterie botaniche.Uno che, avuto in gestione un orto per anziani, per un attimo voleva darsi a coltivazioni ambigue per rinvigorire la pensione poi – troppo pigro per crearsi una clientela - , ha ripiegato su certi pomodori che gli vengono grossi come le palle di Bossi. Beh, agli ortaggi da Isola del dottor Mabuse di Giuseppe, è ora di opporre il rigoglio di una pianta da veri maestri del verde, una specie che i manuali sconsigliano a chi non è pronto alla sconfitta e manca di padani attributi.

Pronti allora per stupire, carichi di autostima e amor patrio, per giorni avete vezzeggiato in ogni modo la Ctenanthe, parlandole e sussurrandole persino un paio di poesie di Sandro Bondi. Tenerissima, molto efficace, quella dedicata alla mamma di Dio ha generato due splendidi getti. Lei, ormai piu simile a un quadro di Klimt che a un vegetale, pareva ricambiarvi con lucentezza e magnificenza. Avreste umiliato Giuseppe e i suoi ortaggi. Se non fosse che, avvicinatovi per una perfida lucidatine finale, d`un tratto addio Klimt. Sulle foglie niente più sfumature, geometrie intarsi. Avete un bel da rigirarle convulsamente: tinta unita. Incazzati come solo La Russa sa esserlo quando sparisce qualcosa, tipo qualche deputato dal partito, azzannate il figlio minore, sì, quello con la bomboletta sempre in mano. Vuoi vedere che finito lo striscione per Pontida ha smaltito gli avanzi di colore sulla pianta? Del resto già una volta l’avevate beccato a omogeneizzare le pareti del bagno con il pensiero politico e vi è costato un mille euro di intervento riparatore.

Ma la pianta ha fatto tutto da sola: è il giochetto preferito della Ctenanthe e nemmeno quelli di Voyager ne sono venuti a capo. Si sa solo che ci marcia da tempo immemore, con gli indigeni brasiliani che la chiamarono pianta della preghiera. Soggioga così chi crede di poterla gestire e senza alcuna miccia di causa/effetto, farà ricomparire i disegni con la stessa estemporaneità. Ma voi volete sapere come e perchè, l’esoterico vi attizza e la scienza pure, anche se avete all’attivo la maturità geometri (ricordate come fosse trascorso un giorno quel bel tema sui crepuscolari e Fogazzaro). Qual è il segreto della beffarda Marantacea (famigliola d’appartenenza)? Non ci dormite la notte. Vi alzate con la scusa della prostatite per sbirciare le foglie. Astuti come Buttiglione quando aspirando all’Europa riuscì a farsi ricacciare in un anfratto della madre patria, provate ogni tipo di lusinga. Concime, rinforzante, ravvivante, rinverdente. Anticocciniglia, funghicida, ammazza-afidi. E se fosse l’acqua calcarea, quella più o meno di tutti i sindaci? Ai tempi del referendum la pianta si era ammosciata come un’eroina tisica. Ora provate con acqua minerale, ma niente. E’ verde senza un segnetto e le foglie sono chiuse come coni al pistacchio. Passa il figlio piccolo, quello di Pontida. Che vuoi papà? chiede davanti al lampo luccicante dei vostri occhi. Dov’è?! No, non te la do. Si no, breve colluttazione. Ce l’avete. E la scaricate nel vaso della Ctenanthe. Lo sapevate, l’avevate sempre saputo. La tela si ricompone. Klimt ritorna proprio mentre Giuseppe lo spocchioso suona alla porta. Ha in mano un bel grappolo di pomodoroni. Assaggia! Vi sfida. Bevi! Rispondete, anche se dargli l’ulima acqua del Po un po’ vi secca.


Siete stati a Pontida, bravissimi, e per tre euro avete portato a casa la vitale ampolla con l’acqua del Po.