venerdì 30 dicembre 2011

L'ingorda, egocentrica Meet Eater


Il genere umano versa in grave pericolo.
Il killer ha il colpo in canna e arriva a cavallo di un’idea diabolica; l’arma di massa è realtà, anzi: è ai confini della realtà. Non sarà infatti il banale asteroide Y234nk a farci secchi, bensì l’insinuante, ingorda, egocentrica Meet Eater. E credete, per Meet Eater non esiste un Bruce Willis capace di salvarci.
Adesso, non per allarmismo ma per tentare che almeno  un paio di noi – meglio se coppia in età fertile – si salvi, vado a dettagliare.

Una pianta si è iscritta a Facebook. Ed entra in questo 2012 contando 9761 dannati amichetti. O dovrei dire ‘complici’? Il Goldfinger, il Moriarty, il dottor Mabuse di questa storiaccia ha le fattezze ingannevolmente bonarie di un giovanotto australiano che si professa ‘designer’.  In effetti di un disegno certo si tratta, ma perverso alquanto. Simulando un ‘esperimento universitario’ (ateneo di Queensland, non mi sovviene alcun nobel in arrivo da lì ma transeat) questo Bashkim Isai ha aperto una pagina da cui la pianta saluta gioiosamente i fans e cresce in proporzione all’affetto che con una cliccata le viene dimostrato. Morale ad ogni ‘mi piace’ Meet Eater si alza di una spanna, si corrobora, si espande. Una webcam mostra la sua evoluzione h24. Ma quanti film abbiamo visto dove i cattivi propinano sugli schermi di sorveglianza dei buoni, filmati che coprono la realtà? E cattivi che usano la (le) televisione(i) per manipolare i cervelli? Con l’esperienza che abbiamo, questo Bashkim Isai non ci frega. E’ partito alla conquista del mondo. Un mondo che governerà forse attraverso piante enormi e mostruose che ci faranno loro schiavi. Nessuno ci dice in metri yarde o verghe quanto la pianta davvero misuri al momento, ma chi ha visto ‘L’invasione degli ultracorpi’ o ‘Il caimano’ ha motivo di preoccupazione.

La verità è che Meet Eater cresce tramite l’interazione umana, usando il lato oscuro di Facebook.  L’intento ufficialmente dichiarato dal designer australiano è dimostrare che uomini e piante possono essere simbiotici, sfruttando sapientemente web e tecnologia. Sapevo – come scrive Bill Bryson in ‘Un paese bruciato dal sole’- che gli australiani sono tipi eccentrici e a volte autodistruttivi (memorabili le pagine in cui Bryson descrive il loro folle perseverare nel jogging a un passo dall’oceano, pratica che consente di sfamare ogni anno migliaia di squali),  ma che un australiano stesse attentando al genere umano, è una constatazione inquietante. Comunque Meet Eater  butta getti a destra e manca e bisogna fare qualcosa.  Se non puoi battere il tuo nemico, diventa suo amico, dice il saggio. Io lo farei, giuro, ma ho un blog da difendere. Cercate di capirmi.. cliccate avanti voi. qui  



sabato 24 dicembre 2011

Tanti auguri

Tanti auguri, cari sradicabili. Devo dire che sotto il cielo natalizio oltre all’allegro tandem Monti Fornero anche i giornali ci scodellano forti emozioni.
Ringrazio dunque il ‘Guardian’ per aver dato la giusta evidenza alle disavventure di un quarantaseienne inglese che, causa le consuete invasioni domiciliari che si accompagnano alle feste, ha dovuto lasciare il calduccio della sua casa nel Kent per il fresco del carcere di contea.

Le piante sono portatrici di sciagure, non mi stanco di ripeterlo. E Ian Richards ha iniziato a capirlo quando gli agenti hanno fatto irruzione nel suo salotto. Già non poteva sceglier peggio l’albero di Natale.
Averlo ‘vero’ è di per sé segno di propensione a delinquere: si toglie un polmone verde alla comunità per procurarsi un tronco sbilenco che sparacchia foglie secche. Così si incrementano rifiuti e lombalgie (provate a raccattare per giorni aghi di abete) appesantendo la spesa pubblica.
Siamo qui per risparmiare! Non che Ian Richards avesse un opacizzato senso del denaro, però – cazzo – occorreva proprio addobbare una pianta di cannabis e tenersene in casa altre per una ventina di Natali a venire? questo è spreco e - devo chiedere non son sicura – magari vilipendio (di tradizione sovranazionale). Pare che vedendo addobbi e palle pendere dalla cannabis anche le forze dell’ordine si siano infastidite: ”Usare una pianta di cannabis in quella maniera significa disprezzare profondamente la legge”, sarebbe stato il commento dell’investigatore Darren Dennet. Un uomo decisamente sensibile che a mio parere ha ragione da vendere.

L’avventato Richards, all’opposto, da vendere non ha più nulla.
A Natale più che parenti e amici, lui aspettava clienti. In una delle camere da letto i poliziotti hanno trovato una fabbrichetta di marijuana capace di abbondante produzione. Ora lo spaccio aziendale è chiuso: Richards si è beccato diciotto mesi. Doppia la morale della storia: uno, l’imprenditoria dà segni di vita ma è schiacciata dalla burocrazia, due vedrai che quando esce Richards decide di delocalizzare…
Intanto si farà in cella anche il Natale 2012 ma almeno sta sicuro che l’albero lì lo fanno finto.

domenica 4 dicembre 2011

Bella di un giorno

Vedo rosso e non mi chiamo B. Vedo rosso e non credo ai comunisti, né a Babbo Natale. Sono un tipo equilibrato, quindi, ma in questo periodo dell’anno il rosso mi pulsa davanti agli occhi.
L’Euphorbia Pulcherrima è in agguato. Temporizzata, fotoperiodica, ordigno floreale a orologeria, esplode con la novena e va sotto il falso nome di Stella di Natale. Fiutando il consumismo, con una spregiudicata operazione di marketing si è legata alle feste di fine anno come certi giornaletti si abbinano ai grandi quotidiani per trovare una platea. E ce l’ha fatta: si stravende solo un mese all’anno, il resto del tempo dormicchia indisturbata e anonima, pasturata nei vivai nell’unica non stressante attesa del Natale successivo.

E brava l’Euphorbia, riuscita tra le piante laddove in mille tra gli umani hanno tracciato la via: dare poco prendendosi molto, sfilarsi sul più bello e risorgere alquantum postea, per gabbarti di nuovo. Già perché in tutto quel tempo dimenticheremo di come la Stella ci abbia deluso: esplosiva e abbagliante nei paraggi dell’albero, era già in vena di spelacchiamento una manciata di giorni appresso. Mogia all’arrivo dei magi, nuda allo sgombero degli addobbi. Quelle che superano il 15 gennaio ingannano brevemente: annaffiate cautamente tosto s’inzuppano e marciscono rapide, oltre il necessario.
Una stella di Natale non muore: stramuore. Così vi fa del male, vi abbindola, vi istupidisce più del ritornello di Jingle bells. E lei, che sa dove toccare, cavalca non solo il buonismo natalizio ma si presta alla beneficienza (una stella per questo, una stella per quello) perché così fa business ballandovi sul cuore. Una tattica infallibile. L’anno dopo infatti, stolti la ricomprerete, perché sì, adesso so come si fa. La solita saputa che vi è parente o amica, puntuale vi rimbecca anticipatamente: quando perde le foglie devi metterla al buio! E coprila! (non dice coglione unicamente perché non le basterebbe) Dandole retta avete avuto storie difficili con i ripostigli, covi di ex pulcherrime incappucciate come ostaggi di narcos (sono orginarie del messico: dunque avezze ai narcos e aliene ai nostri climi).

Naturalmente manco una pianta è mai tornata quella di un dì perché se è vero che una volta (una sola) c’è stata la resurrezione, è anche vero che non s’è visto il becco di un foglia rossa. Mai più. Non ascoltate chi adesso dice che con la tecnica si può governare la situazione. Naa. Le foglie rosse ci circondano in questi giorni ma sarà la solita fiammata. In più il 2012 sarà bisesto. Vi pare che proprio in un anno bisestile l’Euphorbia cambia tattica?