lunedì 20 giugno 2011

La verità vi prego sui bonsai

Quando chiedono ‘ma è vero?’ viene l’orticaria. Normalmente accompagnano la domanda con una strofinata anche robusta alle fogliette, poi vi guardano sospettosi. Ma certo, rispondete seccati domandandovi se piuttosto che al bonsai non era meglio dedicarsi all’origami.

Sentimento personale: li accomuna una assoluta inutilità. L’origami, però, nonostante certi libri (al rogo al rogo) ne divulghino scelleratamente la tecnica, viene ancora percepito come confinato in Giappone, un po’ come i disastri nucleari, chè l’oceano ci distanzia e salva. E’ un inganno, naturalmente. L’origami ha buon gioco nelle scuole inferiori e a certi sbilenchi lavoretti infantili datati natale e pasqua pochi si sottraggono. In genere comunque basta rovesciarci un po’ d’acqua sopra e il manufatto cartaceo, come del resto abbiamo visto i noccioli delle centrali nucleari, torna alla fisica originaria.

Il bonsai è ben più coriaceo. Intanto ha massicciamente varcato i mari – si pensa in nave, come Nosferatu – e non c’è negozio o vivaio esente da conquista. Un caso bizzarro: mentre comunemente ci si danna per salvarsi dagli errori della natura, al bonsai si aprono le porte, lo si vezzeggia, lo si pone in alto per dargli la dovuta evidenza, lo si illude di incarnare tenacia, ardimento e persino grazia.
Il guaio è che così il bonsai si guasta ulteriormente il carattere. La stazza ridotta è sì stata ingiustamente vittima di ignobili lazzi (Longanesi: era cosi’ nervoso che si sfogava camminando su e giu’ sotto al letto; mia cugina di Mogliano veneto: più i xe piccoli più i xe cativi; e via calunniando), ma qui la reazione è fuori controllo.

Ci sono bonsai che si credono Napoleone e altri che si credono ministri della repubblica. Il rischio si aggrava se il delirio trova degli sponsor: si favoleggia di un bonsai che voleva dir messa perché si sentiva in croce e intanto aveva trovato alloggio in Vaticano.
Ma al di là delle leggende, la convinzione è che ogni pianticella abbia una sua personalità e proprie caratteristiche. La vostra per esempio, odia la precarietà. Ogni volta che cambiate attrezzatura o metodo di lavoro, è come se si sottraesse. Giurereste di averla vista girare le foglie dall’altra parte e siete certi che se avesse avuto la possibilità sarebbe fuggita a radici spiegate. Quindi non di rado il bonsai è anche un ingrato.
E voi che per farne quel nanerottolo frusciante avete sudato anche da fermi: rigidamente catechizzati da manuali che nulla consentono all’iniziativa personale, lo avete tirato su secondo la tecnica dell’eretto formale, stile vincolante per le simil-conifere, teso a mantenerne il vigore anche nella galleria del vento e senza interventi esterni, magari femminili.

Ignari che i bonsai tengono in giusta considerazione solo loro stessi, neppure sapevate che arrivano a ‘mordere’ la mano che li nutre. Ecco perché ve ne state con la destra fasciata alla bell’e meglio. Mentre eravate intenti a calcolare che il ramo principale raggiungesse davvero un terzo dell’altezza totale e per far prima avete usato il vecchio metodo del pallino da bocce (pollice e mignolo aperti a far misura, chissà perché saltava sempre su anche il medio) zac, avete fatto cadere il bonsai e nel raccogliere i pezzi del vasetto vi siete feriti. Un esempio fallito di semplificazione.

Il consiglio è lasciar perdere le piante, specie quelle che richiedono il metro da sarta. Del resto per certa botanica da camera non basta la laurea, pare ci voglia il nobel. Così, tanto stanchi quanto vendicativi, consci che i bonsai temono i cambiamenti ma ancor più gli agguati, avete maturato un epilogo feroce.
La zia Perla è piombata a prendersi il bonsai che a dispetto dell’impegno si era sviluppato a scopa rovesciata, con sfascio di ogni progettualità. La zia, già soluzione finale per lo zio Pino, è stata individuata proprio per questa assonanza. Se ha portato alla tomba il Pino (conifera) come può fallire col bonsai? Eppure, nel mettergliela in mano avete avvertito un fremito di colpa: sta attenta sai, che per certe robe ci vuole il nobel! E lei: eh, stavano per darmelo, che ti credi? Poi però ho scelto il giardinaggio.